gpdimonderose - ontology art
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Ontologia dell’esser-creat-arte ah la platonica ikona della temporalità quale ikona dinamica dell’eternità o ikona ontodinamica dell’apeiron o ikona ontodinamica del dis-apeiron, del dis-infinito, della dis-gestell dell’esser-creata opera d’arte. Lì l’ontodinamica ikonica dell’essere -infinito si discopre quale imago ontodinamica dell’essere opera d’arte o quale imagine ontodinamica dell’apeiron del pensiero primigenio sottratto alla mitopoiesis. Ma in origine l’ikona ontodinamica ontokronica si svela senza differenza ontologica quale opera creata dalla mitopoiesis del l’apeiron dis-infinita, ove l’ikona del kairos si confonde con l’imagine della kronotopia infinita. Solo l’epistemica e l’ermeneutica creano la fissione nella kronotopia, giammai l’esser-creata dall’opera d’arte dell’esserci quale musagete che sottrae all’eternità divine delle mitiche muse l’ikona dell’ontodinamica kronotopica. La frattalità del’ikona ontodinamica della temporalità platonica differenzia ontologicamente l’epistemica e l’ermeneutica dall’ontopoietica dell’esser-creata dall’esserci del musagete, ma in origine ci fu una onto-topia della gestell ove si eventuò l’epistemica e l’ermeneutica ontologica mai scomparsa nei dispiegamenti storici dell’essere-creata dall’arte, anzi lì curata e custodita dalle incursioni della volontà di potenza imperativa dell’epistemica ontologica. Quella presenza incompente impera e sottrae nel corso del tempo l’ontopoietica epistemica dell’ontodinamica onto-poietica per attuare la morfogenesi della tecnica o dell’artigianato o del saper-fare mondano e klonante. O sottrae all’ikona dell’essere-creata-dell’infinito l’ontodinamica cronologica della frattalità temporale. Solo così l’epistemica e l’ermeneutica si dispiegano quali immagini della storia della mondità , ma quell’evento inaugura l’oblio dell’essere-creata-dall’essere quale opera d’arte dell’essere per essere solo opera d’arte della tecnè, prima, e della tecnica artigiana poi, ove l’ontodinamica infinita dell’ikona si è dissipata, dissolta, dis-obliata: è l’oblio dell’essere-creata dall’essere opera d’arte che si dà quale fondatezza della tecnè epistemica e tuttora, nel presente impera per sottrarre tutta l’ontologia epistemica possibile dalla ontopoiesis dell’essere. Solo che nel corso del tempo l’essere-creata dall’essere non scompare totalmente, ma per fortuna si dis-oblia: si oblia nella tecnè epistemica per eventuarsi solo nell’ontologia-epistemica-ermeneutica dell’esser-opera d’arte creata dall’essere. È il dis-oblio della dis-verità o dell’a dis-aletheia che si dis-annichilisce, che si sottrae dal nichilismo della tecnica-epistemica per dis-gettarsi ancora quale dis-mittenza intermittente della messa in opera della verità ontologica dell’esser-opera d’arte dell’essere. Quella dis-mittenza ama nascondersi nell’esser-creata quale opera d’arte per sottrarre l’aletheia dall’oblio imperante della tecnè-epistemica clonante e per disvelare la dis-abissalità dell’esser-creata dall’essere ikona ontodinamica dell’ontokronotopia dis-infinita. Per sempre l’esser-creata dis-vuota, disgombra, dis-oblia , disattua, dis-opera, dismette, dis-aleggia , disvela l’ikona dell’essere dall’immagine della tecnè imperativa influente, per disgettarsi quale dis-gegenstand dis-grund, quale fondale intermittente della dis-mittenza dell’essere ikona dell’arte. È lì che la destinanza dell’esser-creata si disoblia per disgettarsi quala dis-mittenza dell’essere dis-opera della disaletheia dell’epistemica-ontologica aldilà dell’oblio imperante della tecnè-epistemè e non solo nell’estetica classica o nel sublime metafisico o nella surrealtà informale armonica o disarmonica o dissimmetrica, ma anche nell’epistemica ontologica della physis e della matesis quale disoblio della disgettanza della physis dell’essere. Qui si eventua una nuova differenza all’interno della stessa ontologia dell’essere, forse epigenica nella messa in opera dell’essere arte, ma dispiegante la sua gestell anche nella tecnè epistemica o ermeneutica: oltre alla classica messa in opera della verità o aletheia , nell’esser-arte si dà , si getta, si eventua la messa-in-opera della verità dell’essere, dell’aletheia dell’essere quale struttura ontologica della messa-in-opera della radura, del kairos, poiesis, ontopoiesis, ikona, imagine, imago, kaosmos e della loro destinanza. Anzi la messa in opera della verità getta le fondamenta della messa-in-opera della destinanza dell’essere quale sentiero ininterrotto dell’essere che crea la gestell e la gegenstand, ma anche la physis del grund e dell’abgrund. Per l’epistemica classica o anche per l’ermeneutica quella destinanza appare come se fosse un non-evento, ma può essere un dis-evento, un evento che non c’è ma che creò l’evento dell’essere che si dis-oblia anche nell’assenza dell’epistemica quale dis-epistemè, giacchè dis-abissa l’essere dall’essere in essere per essere destinanza dell’essere che crea la physis o la dis-eventua dal dis-nulla o dal dis-niente. Quell’evento è dis-epistemico solo perché si dis-abissa aldilà dell’epistemica della tecnè o dell’esserci o del musagete giacché si dis-oblia sempre quale dis-ontica o dis-onteologica, ma anche quale dis-mito o dis-arte o dis-opera quale perenne dis-messa-in-opera dell’opera d’arte o meglio quando l’opera si dà alla contemplazione epistemica l’essere si dis-eventua quale dis-mittenza per non soccombere al nichilismo clonante cronologico. L’essere-opera d’arte si dis-istalla proprio quando si eventua giacchè si sottrae all’ontocronia del dicibile epistemico o ermeneutico o ontico o ontoteologico o onto-poietico: si dà alla physis quale dis-physis o meglio quale opera non più della physis, e perciò appare inaudito, misterico, indicibile: l’essere dell’opera si dis-dice, disvela la sua dis-verità, dis-abissa la dis-aletheia, dis-oblia la destinanza nella dis-radura nel dis-vuoto nel dis-nulla.
quell‘enigma trova una sua vivenza nell‘essere-per-la-morte dell‘arte O essere-per-l‘arte-della-morte o essere per la dis-morte della dis-arte o essere per la disarte della dismorte quale morte del nulla o dismorte del disnulla. In quella essenza dell‘essere si eventua l‘ontologia dell‘opera d‘arte o la sua epigenesi E lì si svela anche l‘ontologia della poiesis o dell’ontopoiesis o della non-poesie quale epigenesi della tecnè-epistemica. Per tale destinanza l‘ontologia dell‘ikona dell‘essere nel mondo pare possa essere fondata sulla dis-gestell del non-essere o dall‘essere solo per la morte o dal nulla o dal disnulla quale disarte della dis-poiesis ossia della poiesis della dismorte della disarte: quale arte creata dal dis-musagete che canta o compone il dis-mito delle dis-muse. Quell’ermeneutica eventua la destinanza ontologica della dis-ontica o dis-metafisica o dis-trascendenza o dis-ontologia dell‘immagine dell‘essere-nel-mondo, e quella dis-destinanza pare si possa fondare sull‘essere-nihilista o sul dis-essere dis-nihilista.
Può l‘essere fondarsi sull‘anti-essere o sul dis-essere-nel-dis-mondo, E l‘opera d‘arte fondarsi sulla non arte o o la disarte o la poiesis sull‘a-poiesis o sulla dispoiesis o sul disnulla o sul disniente o sulla dismorte della disarte o sul dis-gestell o dis-grund o dis-radura o dis-lichtung, può l‘essere essere fondato dall‘anti-essere o dal disessere o dis-dasein o dis-esserci o dis-interesserci o dal disinteressere o dalla disverità o dalla disaletheia o dall‘essere-abissale o dall‘essere-nell‘abisso, abgrund che getta le fondamente e si getta quale fondatezza dell‘essere o dell‘opera d‘arte o dell‘arte d‘essere l‘ikona dell‘essere-nella-mondità o della disarte della disikona o della dis-imago o della dis-imagine, nel cosmo, nel discosmo, nel caos, nel discaos, nel kaosmos, nel dis-kaosmos? Forse un dis-mito ci può salvare, o un dis-dio che dis-viene quale opera d’arte gettata dell’essere del dis-nulla. E‘ solo l‘essere a gettare le fondamenta della destinanza o della dis-destinanza dell‘esserci o la salvezza della disdestinanza del disesserci o disdasein trova l‘epigenesi nel mito o nel dismito ontoteologico-disontoteologico della bellezza-dis-bellezza simmetrica-disimmetrica quale misura che salverà la mondità dell‘esserci-disesserci-disdasein. L‘essere è gettato nel suo essere per la morte o per la dismorte dell’arte o della disarte: l‘essere-per-l‘arte-disarte può salvare l‘arte-disarte nel suo declino verso l‘essere per la sua morte-dismorte, o simmetria-disimmetria o mito-dismito o bellezza-disbellezza. Solo così l‘essere ci può salvare, Ci salverà, dalle crisi della storia o dal mito riemergente dell‘antilogos o dall‘angoscia per la morte dell‘arte o dell‘arte per la morte o dell‘essere per la morte, o dal disesserci per la dismorte, O ci salverà dall‘essere-nella-temporalità-della-morte-dismorte o del disnulla-disniente. Ah il tempo quale ikona-disicona, imago-disimago della dis-ontodinamica dell‘essere che si disvela al mondo-dismondo nella spazialità-dispaziale immaginaria-disimmaginaria dell‘opera d‘arte-disarte. Arte immaginaria o immagine-disimmagine dell‘arte quale ikona-disicona immaginaria dell‘essere mondità-dismondità che salverà l‘esserci-disesserci-disdasein solo se l‘essere salverà l‘arte quale ikona immaginaria-disimmaginaria dell‘essere o dell‘esserci-disesserci o disinteresserci o mdisinteressere. essere per la salvezza dell‘essere significa essere per la salvezza dell‘arte-disarte. Il dio-disdio che non muore mai ma che dismuore sempre perché disviene nella disopera d’arte-disarte del dismusagete del dismito delle dismuse non fugge mai, giacchè disfugge, o meglio è sempre in fuga dall’essere-disessere per essere evento-disevento della mondità-dismondità, e mai tramonta dopo il tramonto del mondo-occidente giacchè è sempre al tramonto quale mito-dismito dell’essere che non c’è mai più, ma che è sempre di fronte quale fondale gegenstand-disgegenstand: l’arte-disarte salverà l’essere o l’esserci-disesserci-disdasein così come salvò il mito-dismito delle muse-dismuse degli dei-disdei in fuga-disfuga: Solo il mito-dismito dell’opera d’arte-disarte può salvare il mito delle muse-dismuse della poiesis-dipoiesis o dell’autopoiesis-ontopoiesis, l’arte-disarte è anche la salvezza del musagete-dismusagete, quale essere-divinità-disdivinità o esserci-disesserci-disdasein che si dà all’arte-disarte o che dà all’arte-disarte la fondatezza del mito-dismito. l’essere-musagete-dismusagete-disdasein che si dà all’arte-disarte del gettare-disgettare l’ikona-disikona-dell’essere-nel-mondo-dismondo: disvela l’immagine-disimmagine della mondanità-dismondanità quale ontologia dello spazio-dispazio-tempo-distempo immaginario-disimmaginario da abitare-disabitare poeticamente quale ontopoiesis-disontopoiesis, ed essere la creazione dell’arte-disarte dell’essere. il sentiero-disentiero ininterrotto-disinterrotto dell’ontologia poetante-dispoetante dell’opera d’arte-disarte quale disvelatezza dell’ontopoiesis-disontopoiesis oltrechè dell’autopoiesis-disautopoiesis si eventuò-diseventuò nell’intermittenza-dismittenza del pensiero poetante dell’essere-musagete-dismusagete o nel pensiero-poetante-pensante quale ikona-disikona della gettanza-disgettanza dell’essere. Dopo un millenario oblio nella radura-disradura ove si eventuò-dieventuò l’inter-essere-disinteressere poetante dell’’essere-musagete-dismusagete la sua erranza-diserranza nell’opera d’arte-disarte è giunta-disgiunta nel tempo-distempo della sua sublime-disublime metastabilità-distabilità nella struttura-distruttura ontologica dell’ontopoiesis-disontopoiesis. L’evento-disevento sarà lì nella pregnanza della radura-disradura quale ikona-disikona dell’essere-musagete-dismusagete che si dà-disdà alla luce e che dà-disdà luce al sentiero-disentiero topologico-distopologico dell’essere immaginario-disimmaginario cosmico-discosmico. Quale radura-disradura vuota-disvuota e libera, sgombrata-disgombrata dalle scorie temporali e spirituali, si disvelerà sia nella tecnè-distecnè dell’autopoiesis-disautopoiesis, sia nella epistemè-disepistemè o nell‘ontologia epistemica-disepistemica, L’essere-musagete-dismusagete fonda-disfonda e dà-disdà senso-disenso all’arte-disarte, quale sublime-disublime estasi-disestasi del pensiero-poetante-pensante della topologia-distopologia fluttuante-disfluttuante dell’interessere-disinteressere. l’oblio-disoblio si dis-oblia mentre intraprende-disintraprende il sentiero-disentiero interrotto-ininterrotto e ascolta-disascolta la visione-disvisione dell’ikona-disikona che parla-disparla tra gli interstizi dell’intermittenza-dismittenza dell’essere-poetante-dispoetante. Il sentiero-disentiero, il meta-odos-dis-odos-dismetaodos, che ha condotto l’essere-musagete-dismusagete verso la r adura-disradura ama-disama kriptarsi-diskriptarsi nell’opera d’arte-disarte. è chiaro che l’evento-disevento dell’essere creata opera d’arte-disarte disvleli la verità-disverità del paradigma-disparadigma dell’epistemica-disepistemica. Può esserci-disesserci una ontologia epistemica-disepistemica che eventui paradigmi-disparadigmi della verità-disverità? Nell’evento dell’opera d’arte-disarte il musagete-dismusagete evoca le dismuse del dismito degli dei-disdei, l’epistemè ha annichilito l’influenza dell’atetheia-disaletheia mitopoietica-dismitopoietica con intenzionalità assolute, totali, fondamentali, perciò la verità disepistemica può apparire stravagante. Ma una più attenta riflessione inerente l’ontologia degli eventi della physis-disphysis disvela l’indeterminatezza dei paradigmi-disparadigmi nelle dimensioni infinitesime prossime al vuoto quantista. qui però si vorrà disvelare l’ontologia dis-epistemica dell’opera d’arte-disarte prima dell’evento della tecnè-epistemica e dell’evento-disevento della post-tecnè-disepistemica. Già aleggia nell’ontologia del presente l’evento-disevento della post-tecnica-disepistemè emergente dall’ontologia della matesis-distatesi dei modelli della physis-disphysis supersimmetrica-disimmetrica, ma nell’opera d’arte-disarte il dis-evento-disepistemico si svela da sempre quale disaletheia della disphysis contemplata dal dismusagete dismitopoietico che non trema di fronte alla fuga degli dei-disdei. Il dismusagete non si sente abbandonato dalla fuga degli dei perché la disverità ontologica disepistemica si discopre quale disgegenstand, quale dis-fondale della radura-disradura ove si possa abitare-disabitare poeticamente senza la salvezza degli dei fuggitivi, ma con la cura delle muse-dismuse assentemente sempre presenti. Sarà l’opera d’arte-disarte-disepistemica ad eventuare una nuova meta-epistemica o meglio a disvelare l’onto-epistemica dell’essere? Nessuno prima del presente ha disvelato la differenza ontologica dell’epistemè anche perché la matesis e la metafisica della physis hanno gettato l’oblio dell’epistemica, ma in origine si disvelò sia l’onto-epistemè che l’eu-epistemè della verità nell’essere-creata quale opera del musagete-dismusagete in risonanza della disgettanza delle onto-morfie delle muse-dismuse: in quell’evento si discoprì la bellezza del sublime essere più vigente di quella manifesta, o meglio la bellezza dell’essere essere più ontomorfica di quella delle entità o della superentità o della mondità o dell’esserci. L’epistemè scelse la bellezza del mondo la ismittenza dell’arte-disarte si eventuò sempre più quale bellezza dell’essere: quella ontomorfia sarà contemplata e com-presa dall’ontoepistemica o dall’euepistemè. La differenza ontologica nell’epistemè discoprì l’eristica epistemica o l’isteresi epistemologica della loro destinanza: l’una si svelò quale erranza dell’altra, l’una gettò nell’oblio l’altra: l’arte si eventuò quale essere erranza dell’epistemè-tecnè, e l’epistemica si discoprì quale erranza dell’esserci del musagete contemplante solo le muse giacchè anche gli dei sono fuggiti. Si disvelò così l’erranza dell’essere nell’essere opera d’arte e l’oblio dell’essere nella tecnè-epistemica, ma quell’evento discoprì anche la diradanza dell’essere, dell’essere vuota nullità per l’epistemè e dell’essere vuota radura ove si possa abitare poeticamente anche quando la destinanza degli dei li porta alla fuga e le muse sono più libere nella loro disvelatezza delle risonanze musagetiche. Lì nella diradanza della radura-disradura si cura l’abisso dell’essere dis-diradanza ontomorfica com-presa solo con l’ontoepistemica o l’euepistemica dell’essere-opera-della-dismittenza-dell’arte. In quell’essere per la destinanza nella diradanza dell’essere si eventuò l’ontomorfia dell’essere per la verità o la morfogenesi dell’essere nella verità o essere per l’aletheia o essere nell’aletheia o essere-per-l’arte o essere-nell’arte più che esserci nella tecnè-epistemè. È l’increspatura ontologica della diradanza che disvela l’essere dall’oblio, dal suo essere stato un essere-nel nulla o un essere-nel-niente, o meglio l’essere stato compreso quale essere-del-nulla o essere-del-niente o solo essere dell’ente o della superentità. L’ikona dell’essere si dis-oblia dal suo essere-del-nihil o essere del nihilismo o essere per il nihilismo per disgettarsi quale ontoikona e ontomorfia dell’essere-nella-physis-dell’essere e perciò com-preso dall’ontoepistemica dell’essere opera dell’arte d’essere. La luce dell’essere si disvelò dal dis-oblio per essere com-presa quale divelanza della luce dell’essere, non del niente o del non-ente o dell’entità o dell’esserci o della tecnè-epistemica-ontica o della superentità ontoteologica. Anzi la fuga degli dei lasciò libertà d’essere alla diradanza dell’essere, alla risonanza delle muse, alla contemplanza del musagete, ma soprattutto lasciò alla destinanza dell’essere di essere nella libertà o di essere per la libertà della dismittenza dell’opera d’arte quale ontomorfia-compresa-dall’ontoepistemica o epistemè ontologica ell’imagine dell’essere nella radura o l’ikona dell’essere nella diradanza quale imago dell’essere-radura-disradura o ontikona dell’essere-diradanza-disdiradanza. Quella sua gestell o struttura ontomorfica si dis-oblia per essere nella physis, per essere della physis dell’essere ed essere al mondo quale esser-creata dall’essere che si getta nel suo mondo ontologico prima d’essere mondità ontoepistemica o mondanità dell’epistemè-tecnè. È la singolarità della luce sublime della diradanza che si dis-oblia o si dis-abissa quale ontomorfia dell’ikona dell’esser-arte della morphysis, della morfogenesi della physis, dell’ontogenesi dell’essere-physis da contemplare e com-prendere con l’ontoepistemè dell’arte-disarte: la luccicanza della vuova diradanza che si dà, si getta quale sacra luce misterica dell’essere-creata dall’esser-arte, quale immagine in essere dell’imagine dell’essere o ikona dell’essere o imagine per l’essere o imago dall’essere o imagine sull’essere-in-essere-compresa-dall’essere: epistemè in essere dell’essere epistemica dell’essere o ontoepistemica dell’essere-creata dall’arte-disarte quale esser oltre il nulla, oltre il niente, oltre il non-ente, oltre l’entità, oltre la morte dell’esserci, oltre il nihilismo della tecnè-epistemica, al di là del tempo, essere aldilà, essere l’aldilà, essere nell’aldilà, essere per l’aldilà: essere la poiesis, essere nella poiesis, essere della poiesis. Solo così l’essere non è più una delle tante storie dl nulla o del niente o del non-ente come ci hanno tramandato gli epistemici, ma si disvela quale storia in essere dell’essere-creata-dall’essere ad immagine dell’essere, o dell’immaginario dell’essere quale ontologia immaginaria o ontoepistemica immaginaria, aldilà del vuoto ontologico. È il dis-oblio della destinanza dell’essere poetante che disvela, contempla e com-prende la physis poetante, la libertà poetante, la mitopoiesis poetante, l’arte poetante della verità poetante o della aletheia poetante, l’ontomorfia poetante, pensiero poetante dell’essere-creata-dall’arte quale intermittenza dell’essere e mai più intermittenza del nulla. In origine la dismittenza-intermittenza del’essere si dis-oblia quale intermittenza del vuoto, della radura vuota, sgombrata, della diradanza che si increspa da sé e che si dà, si getta quale intermittenza dell’esserci o dismittenza-intermittenza del musagete-dismusagete o ex-stasi ontologica o estasi ontoepistemica che com-prende la risonanza delle muse-dismuse anche quando gli dei sono in fuga-disfuga dalla physis e dall’aldilà, dalla spazialità e dall’ontocronia. si disvela così l’essere in estasi dell’essere, quale ontologia dell’estasi dell’essere-creata-arte-disarte-sublime dell’estasi-sublime-dell’essere. È l’eventuarsi dal nulla, dalla radura vuota e libera, dalla diradanza della disgettanza estatica sub-lime dell’essere-creata-dall’essere-ad-imagine-dell’essere ontomorfia che si decripta dopo essere stato kriptato nel nulla, nel niente, nel non-ente, nelle entità, nelle superentità ontoteologiche. Fin allora l’essere fu assentemente presente quale niente o quale nulla ove abita l’essere kriptato, obliato: il nulla quale esserci kriptato, il nulla quale evento kriptato dell’essere. Il dis-oblio dell’essere-crea o si crea quale evento imaginario della dismittenza-intermittente dell’estasi dell’essere-in-essere singolarità imaginaria dell’ontogenesi ontomorfica dell’ontikona. L’essere che è sempre e c’è sempre e mai diviene o s-viene o dis-viene o interviene o previene o conviene o avviene o perviene, si dà, si getta, si dis-abissa, si dis-oblia quale opera messa in essere nell’arte-disarte in risonanza dell’essere-in-estasi-immaginaria. L’opera d’arte è l’estasi ex-statica dell’essere imaginario, dell’essere poetante che contempla l’estasi dell’essere e com-prende l’ikona del dis-oblio, della de-criptanza dell’essere, della decostruzione del nulla, del niente-oblio, dell’entità ontica, delle superentità ontoteologiche: lì ove l’essere si kripta lì si dekripta, lì ove la verità dell’essere si è kriptata, lì si decripta quale essere-in-verità o essere-la-verità-dell’essere-opera-d’arte, o essere-la-disvelatezza-dell’essere-creata-dall’arte-che-si-dà quale arte creata dall’essere che eventua la verità dell’essere come essere-dell’opera-d’arte. Nel creare-opere-d’arte l’essere libera dalle entità-tecnè l’ikona della disvelatezza dell’aletheia della physis-in-essere prima d’essere criptata nell’ente o nel non-ente, o nel niente o nel nulla o nell’epistemica mondana. L’essere-portato-alla-luce nell’essere-creato-dall’essere è la dismittenza della verità-portata-alla-luce o aletheia decriptata quale ontikona dell’essere che si getta dinanzi a sé, si dà quale estasi dell’essere-creata. Il lasciar essere opera un opera d’arte è il lasciar essere-in-essere la verità dell’essere, la disvelatezza della physis, l’alethaia che ci com-prende e ci fa com-prendere quale ontoepistemica della destinanza dell’essere. La dis-messa in opera dell’essere-creata-arte getta l’accadere dell’essere-opera-d’arte-della-verità: l’essere-arte è l’accadere dell’essere-aletheia-disaletheia-disvelatezza, com-prensibile solo con l’ontoepistemè o l’ontologia-epistemica, giacchè l’epistemè-tecnè si è già indirizzata verso l’adeguatezza dell’ontica o dell’ontoteologica. L’essere-creata-arte si ad-getta-nella-mondità per risplendere di risonanza immaginaria e poetante, anzi l’ontopoiesis quale pre-gettanza della verità o pregettanza della dis-mittenza dell’aletheia si dà, o dà il via-libera, la libertà d’essere, ad una gettanza, ad un getto che eventui la prossimità, ma anche la lontananza dagli dei presenti o fuggitivi, ed oltre la dis-prossimità e la dis-lontananza dagli dis-dei per dis-gettarsi solo quale ontologia dell’essere che pre-getta l’essere e ad-getta l’essere nella gettatezza dell’opera d’arte. L’ontopoiesis progettante, dis-gettante, pre-gettante e ad-gettante crea la risonanza del dicibile, ma getta anche nella mondità l’indicibile, l’inaudibile, il misterico, la vuota radura, la lichtung libera e sgombra ove l’essere si possa ad-gettarsi, pre-gettarsi, pro-gettarsi, dis-gettarsi per fondare e imprendere, intraprendere, la destinanza dell’opera d’arte, ancora nascosta a sé, ma che già c’è o già è, o non c’era ma che sempre c’è quale pre-getto che fonda la fondatezza dell’essere-arte e che proviene dal nulla, dal non-ente, dalla vuota radura pre-gettata dall’essere: così l’arte lascia che si origini la verità e l’aletheia lascia che si origini l’opera d’arte. Solo così l’essere-opera-d’arte prepara lo spazio libero, lo spazio della libertà alla comprensione alla ontoepistemica dell’essere, il pensiero poetante della poiesis: Holderlin nella sua ontopoiesis com-prese l’ontoepistè quale pensiero che abita poeticamente lo spazio della radura creata dalla dismittenza dell’opera d’arte in prossimità e in lontananza in disprossimità e in dislontananza degli dei-disdei in fuga-disfuga. La metafisica classica decretò la morte dell’arte solo perché gli dei fuggirono da quella per dispiegare l’arte della morte degli dei e della loro verità ontoteologica, nel presente è l’epistemica-tecnè che decreta la morte dell’arte giacchè non più adeguata alla verità epistemica, o alle verità ermeneutiche, giacchè la sua aletheia si discopre infinitamente e sempre all’infinito o con una destinanza infinita o con morfogenesi ed epigenesi infinite o con ontomorfie transfinite, sfinite, disfinite, prossime alla physis dell’apeiron-disapeiron, prossime e in lontananza alla ontologia della physis quale messa-in-forma, messa-in-morfia della dismittenza dell’opera d’arte. La messa-in-morfia è sempre una dismessa-in-morfia dell’ontomorfia dell’ontopoiesis-ontoepistemica quale gestell-morfia dell’essere opera dell’arte. Nel presente quella gestell-morfia si dà in form-attanza dell’essere creata dall’arte, nell’epistemica virtuale invece appare quale formattazione, ma è in origine la morf-attanza della gestell-morfia, della struttura ontologica della ikona-morfica dell’essere-arte-che-si-dà quale form-attanza-della-verità o morf-attanza dell’aletheia o ikon-attanza della disvelatezza ontopoietica. C’è qui un’isteresesi: l’attrazione della verità verso l’opera d’arte e l’attanza seducente dell’essere-arte dell’aletheia per pre-gettarsi nella morfattanza dell’ikonattanza della destinanza dell’essere. È l’evento della gestell-morfia quale gestell-attanza della gestell-ikona dell’essere che si dà quale senso della dismittenza dell’essere-creata-dall’arte che si dà alla luce e dà luce all’essere-in-luce, o dà all’essere-la-luce o si dà quale essere-nella-luce-dell’essere-creata dall’essere.
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